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Tendinopatia e la calcificazione della spalla

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COSA SIGNIFICA ” TENDINOPATIA CALCIFICA”

La tendinotapia calcifica è una patologia che si distingue per la presenza di depositi calcifici nell’ambito del tessuto vitale tendineo. Essa può verificasi per un paio di ragioni: le cellule tendinee mutano in cellule produttrici di calcio per un processo denominato “metaplasia” (tendinopatia calcifica); il tessuto tendineo degenera a causa dell’avanzare dell’età e dell’usura e in seguito calcifica. Nel primo caso, il deposito di calcio è situato nel contesto del tendine; nel secondo, in corrispondenza dell’inserzione del tendine sull’omero.

QUALI CATEGORIE NE SONO PIU’ ESPOSTE ?

La tendinopatia calcifica di spalla ricorre maggiormente nelle persone adulte, perlopiù dedite ad attività lavorative manuali. Le donne sono più soggette a questa problematica rispetto agli uomini nell’età compresa tra i 40 e i 50 anni, in particolare l’arto non dominante.

Il tendine maggiormente interessato è il sovraspinoso, seguono in successioni il sottospinoso, il sottoscapolare ed piccolo rotondo, interessando talvolta la guaina del capo lungo del bicipite; anche la borsa sottoacromiale può essere coinvolta, più spesso nella fase di riassorbimento.

3 LIVELLI DI TENDINOPATIA CALCIFICA

La tendinopatia calcifica della spalla si caratterizza per avere tre stadi: acuto, sub-acuto e cronico. Il dolore acuto generalmente è legato allo spasmo muscolare e ad una possibile rigidità della spalla, può aggravarsi nella notte e interessare il capo lungo del bicipite. Il dolore è percepito in corrispondenza della faccia anteriore o laterale della spalla, non si estende oltre il gomito e al collo. Il dolore aumenta nel momento in cui si solleva il braccio. Solitamente la mobilità della spalla è assai ridotta.

È chiaro come la tendinopatia calcifica simuli i sintomi causati da una sindrome da attrito sottoacromiale o da una rottura della cuffia dei rotatori.

CICLO DI EVOLUZIONE DELLA TENDINOPATIA CALCIFICA

La calcificazione rispetta un suo ciclo di evoluzione. Ad ogni fase di questo ciclo corrisponde un diverso quadro clinico. La fase iniziale è denominata “metaplasia fibrocartilaginea”. Dopodiché vengono la fase “formativa”, “calcifica”, “di riassorbimento” e di “ristrutturazione”. Ad eccezione della prima, sono tutte potenzialmente all’origine del dolore. La fase di “riassorbimento” è la più fastidiosa in termini di dolore. La durata di ogni fase non si conosce con precisione. In genere i primi due step possono durare oltre tredici mesi.

COME DIGNOSTICARE LA TENDINOPATIA CALCIFICA

Per diagnosticare questa patologia è possibile sottoporsi a radiografie nelle proiezioni anteroposteriore vera, ascellare e “Y” di Neer che consentono, oltre all’individuazione della calcificazione, anche di approfondirne la fase in cui si trova. Per una più approfondita localizzazione e valutazione della struttura ci si può avvalere dell’ecografia.

La Risonanza Magnetica non è fondamentale per documentare ulteriormente la calcificazione ma può comunque approfondire potenziali lesioni di cuffia associate. Le calcificazioni di fatto non sono tutte uguali ma si differenziano per localizzazione, dimensione, forma e nitidezza del contorno.

Questi tratti facilitano l’ortopedico a comprendere in quale fase del ciclo evolutivo si trova la calcificazione.

QUAL’E’ IL TRATTAMENTO CONSIGLIABILE

Per il trattamento ci si può sottoporre a terapia medica, a fisioterapia strumentale (laser ad alta potenza, Tens, ultrasuoni che hanno lo scopo di risolvere in fase acuta lo spasmo dei muscoli, alleviare il dolore e prevenire la rigidità delle articolazioni. Qualora la fase fosse quella del “riassorbimento” ed il dolore non è particolarmente forte, è consigliabile attuare un trattamento conservativo con terapia antalgica, fisioterapia strumentale (onde d’urto focali) associata a manipolazioni in caso di rigidità articolare ed a idrokinesiterapia.

In caso di fase “formativa” e non c’è stato un miglioramento dei sintomi con le terapie conservative, può essere prescritta un’infiltraziona cortisonica ecoguidata subacromiale, che può sortire effetti positivi. Il trattamento con infiltrazioni cortisoniche prolungato è criticato da molti ortopedici, soprattutto nella fase cronica quando questo farmaco potrebbe interferire con la fase del riassorbimento e creare una maggiore degenerazione tendinea.

Nella fase acuta l’indicazione corretta è quella di sottoporsi ad artrocentesi (lavaggio della calcificazione) da eseguire in anestesia locale e sotto controllo ecoguidato.

In conclusione fra le varie ipotesi non è da escludere il ricorso al trattamento chirurgico artroscopico al fine di eliminare totalmente la calcificazione e suturare la lesione residua del tendine generatasi a seguito dell’asportazione della calcificazione.