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Protesi alla spalla, la soluzione per il recupero dei normali movimenti

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Lussazione, protesi, Spalla instabile, come curarla

La chirurgia di sostituzione della spalla è stata fatta per la prima volta negli USA intorno al 1950 come trattamento per importanti fratture. Con il passare del tempo, la sostituzione articolare di spalla è stata eseguita per diverse altre situazioni dolorose.

L’intervento di sostituzione protesica della spalla deve essere tenuto in considerazione nel momento in cui i trattamenti di tipo conservativo e riabilitativo non hanno avuto gli esiti sperati.

COME E’ FATTA L’ARTICOLAZIONE DELLA SPALLA
L’articolazione della spalla si compone di tre ossa: omero, scapola e clavicola, le quali a loro volta si uniscono e danno vita a 2 diverse articolazioni, acromion-clavicolare e gleno-omerale. Le superfici delle articolazioni sono ricoperte da cartilagine, una sostanza liscia che funge da protezione alle ossa e permette loro di muoversi agevolmente. Altresì un migliore scorrimento delle superfici articolari passa attraverso la membrana sinoviale, che cingendo parte delle superfici dell’articolazione, genera un liquido capace di lubrificare la cartilagine e garantire che non che non ci siano attriti nella spalla.

La stabilità e il sostegno dell’articolazione è compito invece dei muscoli e dei tendini che si trovano attorno alla spalla stessa.

Il lavoro contemporaneo di questi agenti permette alla spalla di ruotare mediante una maggiore gamma di movimento rispetto a qualsiasi altra articolazione corporea.

QUALI SONO LE CAUSE DI DOLORE ACUTO ALLA SPALLA ?
Sono varie le condizioni che possono essere all’origine del dolore e della mancanza di stabilità della spalla portando i pazienti a prendere in considerazione l’intervento chirurgico di sostizione dell’articolazione.

Osteoartrosi: è un’artrite connessa all’età. In genere si presenta nelle persone che hanno più di 50 anni, ma in rari casi si può verificare anche in individui più giovani. È generata da un progressivo assottigliamento della cartilagine dell’articolazione, che non riuscendo più a lavorare svolgendo la funzione di ammortizzatore articolare consente lo sfregamento dei capi ossei l’uno contro l’altro. In questa maniera, con il trascorrere del tempo, l’articolazione diviene progressivamente rigida e dolorosa.

Artrite reumatoide: si tratta di una patologia con caratteristiche reumatologiche, che comporta l’infiammazione cronica della membrana sinoviale comportando il danneggiamento della cartilagine dell’articolazione. L’artrite reumatoide è la tipologia più ricorrente di una serie di disturbi chiamato “artriti infiammatorie”.

Artrite post-traumatica: è una tipologia di artrite che arriva dopo un grave infortunio alla spalla. Le fratture ossee o le lesioni dei tendini e dei legamenti hanno la capacità di comportare un veloce deterioramento della cartilagine articolare provocando dolore e limitazione funzionale.

Necrosi avascolare (osteonecrosi): la necrosi avascolare è una forma dolorosa che si presenta quando l’apporto del sangue all’osso è interrotto. Ciò comporta la morte delle cellule che costituiscono l’osso stesso. Fra le cause all’origine di questa problematica vi sono l’utilizzo prolungato di steroidi, la frattura grave della spalla, patologie ematologiche e consumo sopra i limiti di alcool.

Gravi fratture: l’articolazione può andare incontro a deformazione, anche a causa di un trattamento errato dopo una frattura.

Esito negativo di una precedente operazione di sostituzione articolare: in seguito all’ intervento si posso verificare infezioni o dislocazione dell’impianto. In quest’ultimo caso sarà necessario sottoporsi ad una seconda operazione denominata chirurgia di revisione.

QUANDO E’ NECESSARIO RICORRERE ALLA CHIRURGIA ?
Sono varie le ragioni per le quali il chirurgo ortopedico può consigliare la sostituzione della spalla. I pazienti che beneficiano dell’intervento chirurgico sovente lamentano:

– Dolore intenso alla spalla che disturba la vita quotidiana, anche nelle più comuni azioni (utilizzare il pettine o lavarsi);

– Fastidio durante il riposo;

– Perdita dell’arco di movimento o debolezza della spalla;

– Inefficacia dei farmaci antinfiammatori, iniezioni di cortisone o terapia fisica.

In questi casi il medico farà recare il paziente presso un chirurgo ortopedico per esami approfonditi come: Esame fisico con valutazione del movimento della spalla, la stabilità e la forza; Radiografie per capire l’estensione del problema. È possibile siano prescritti ulteriori esami come risonanza magnetica per i tessuti molli o una tomografia computerizzata (TC) per determinare la condizione dell’osso.

TIPOLOGIE DI PROTESI
Protesi totale di spalla: sostituzione delle superfici dell’articolazioni con elementi protesici in metallo e polietilene. I componenti sono disponibili in varie dimensioni e possono essere cementati e non. Qualora l’osso fosse in buone condizioni, il chirurgo può scegliere di usare una componente omerale non cementata. Al contrario qualora l’osso si presentasse con segni di usura, la componente omerale può essere installata con cemento. Nella maggioranza delle situazioni, si usa anche una componente glenoidea in plastica.

Endoprotesi di spalla: in base alle condizioni della spalla, il chirurgo potrebbe sostituire esclusivamente la testa dell’omerale. Questa operazione è definita emiartroplastica. In una emiartroplastica tradizionale, la testa omerale è sostituita da una componente protesica metallica composta da uno stelo sul quale è adagiata una sfera, riproducendo così le normali componente anatomiche. Questa soluzione è indicata quando la testa omerale è fortemente degenerata ma le restanti componenti dell’articolazione sono normali.

Protesi di spalla “stemless”: prevede la sostituzione della superficie articolare della testa omerale con una protesi a cappuccio senza stelo. È consigliata se: la superficie articolare glenoidea è integra; il collo o la testa omerale non hanno fratture; in caso di pazienti giovani o decisamente attivi, scongiurando così rischi di usura e allentamento delle componenti che potrebbero presentarsi con le sostituzioni tradizionali totali di spalla. Altresì, alla luce della sua natura più conservativa, l’emiartroplastica può essere più facilmente convertibile in protesi totale di spalla se necessario.

Protesi inversa della spalla: si tratta di una protesi con la testa sulla glena scapolare che articola sulla base della protesi omerale, studiata dal professor Grammont che sfruttando il braccio leva del deltoide consente di avere un buon recupero funzionale anche in caso di lesione irreparabile della cuffia. Si ricorre alla protesi inversa in casi di lesioni irreparabili della cuffia con perdita di funzione e di forza della spalla che limitano le attività quotidiane del paziente, il tutto accompagnato ad artrosi della spalla. L’indicazione si è ampliata nel corso del tempo anche a situazioni di grave artrosi della cuffia con importante degenerazione del tessuto tendineo della cuffia (anziani o con artrite reumatoide) che presentano una ricorrente tendenza a lesioni o cedimenti della cuffia in seguito all’impianto della protesi con successiva perdita di funzione della spalla e del braccio. La protesi inversa solitamente è usata nelle persone con età superiore ai 65 anni per la durata media dell’impianto anche se nella stragrande maggioranza l’impianto ha una durata lunga senza necessità di un’operazione di revisione. Ci sono anche casi in cui si è fatto ricorso alla protesi inversa in pazienti sessantenni o addirittura età inferiore, allorquando il dolore e le limitazioni funzionali abbiano un impatto molto negativo sulla qualità della vita. Per quanto concerne il limite massimo anche gli 80 anni sono stati oltrepassati con esiti soddisfacenti. La protesi inversa, generalmente, consente un recupero in circa il 90 – 95% dei casi.

Per incrementare il recupero funzionale, con particolare riferimento all’extrarotazione, è stato presentato e validato un gesto chirurgico accessorio: il transfer del gran dorsale, tuttavia ciò comporta un incremento dell’esposizione chirurgica e della possibilità di infezione e non è eseguito come pratica di routine dalla maggioranza dei chirurghi specializzati sulla spalla.

In caso di intervento con impianto di protesi inversa di spalla devono essere evitate attività lavorative o sportive pesanti, che incidono fortemente sulla spalla e incrementano le sollecitazioni alla protesi ed all’osso che la circonda aumentandone la possibilità di mobilizzazione oltre all’usura della componente di speciale materiale plastica distanziatore ed ammortizzante, il polietilene.

GESTIONE POST INTERVENTO

Dopo l’intervento, la spalla ed il braccio devono costantemente essere sostenuti da un tutore ortopedico per un periodo di tempo di 15 – 20 giorni. Il tutore sarà gradualmente rimosso durante la riabilitazione.

Una volta dimessi dall’ospedale, a casa, devono essere eseguiti movimenti per la mobilità del gomito e della mano per almeno 3 – 4 settimane dopo l’intervento, al fine di scongiurare rigidità articolare.

Dal 1° al 15° giorno dopo l’intervento
È importante eseguire massaggi parascapolari, utilizzo di TENS e mobilizzazione passiva del gomito e della mano.

Dal 15° al 35° giorno dopo l’intervento
Dovranno essere iniziate le mobilizzazioni passive della spalla sul piano scapolare andando a completare il trattamento per il recupero della mobilità del gomito e della mano. In caso di necessità si può ricorrere all’uso di TENS sino al bisogno.

Dal 35° giorno dopo l’intervento
È possibile dare inizio alla riabilitazione all’interno della piscina riabilitativa  con acqua calda a circa 33° – 34°.  Si prosegue la mobilizzazione passiva cominciando gradualmente le mobilizzazioni passive su tutti i piani  a giorni alterni con le sedute in piscina.

In una prima fase si effettueranno 3 mobilizzazioni passive a settimana e 2 sedute in acqua. In seguito, in base alla situazione clinica del paziente, si inverte il protocollo di intervento in modo tale da prevedere 3 sedute in piscina e 2 sedute di mobilizzazioni passive. Quando il paziente svolge correttamente gli esercizi di mobilità in acqua e ha anche ripreso una discreta mobilità passiva lo si istruisce affinché possa fare gli stessi esercizi di mobilità, che finora ha fatto in acqua, a secco presso la propria abitazione.

Questo iter riabilitativo va seguito almeno fino alla fine del terzo mese dopo l’operazione chirurgica.

Dal 90° giorno dopo l’intervento
È possibile iniziare gli esercizi di rinforzo muscolare con elastici, qualora il pazienza abbia recuperato una buona mobilità passiva ed un buon movimento attivo. Si deve proseguire, inoltre, con le mobilizzazioni passive, con le gli esercizi di mobilità utilizzando bastone, carrucola anche nel periodo di rinforzo muscolare allo scopo di recuperare il più possibile il ROM ed evitare che, durante il rinforzo muscolare la spalla possa irrigidirsi.

La riabilitazione, in seguito all’impianto di una protesi alla spalla, va eseguita per un periodo non inferiore ai 6 mesi. Nella nostra lunga e consolidata esperienza abbiamo potuto appurare che i pazienti recuperano fino ad un anno dall’intervento.

L’artroprotesi è il più grande progresso chirurgico dell’ultimo cinquantennio.
Il ricorso ad essa ha praticamente minimizzato i casi di artrodesi e di resezioni gleno-omerali. Il suo scopo principale è l’eliminazione del dolore e il conseguente recupero dell’ampiezza di normali movimenti.