Il femore si trova nella coscia ed è l’osso più lungo e resistente del corpo. Per tale motivo, la rottura è causata da traumi violenti. Discorso diverso negli anziani, le cui ossa presentano maggiori fragilità.
A tal proposito non è un caso che la causa principale, alla base della frattura del femore, siano gli incidenti stradali in macchina o motocicletta.
In caso di rottura si ricorre prevalentemente all’intervento chirurgico, seguito poi da trattamenti di recupero funzionale con l’ausilio della fisioterapia.
La frattura del femore causa un dolore molto forte e l’incapacità di forzare sulla gamba interessata dalla problematica. I sintomi variano a seconda della tipologia di rottura dell’osso e dai diversi fattori, in particolare dalla posizione esatta di dove avviene la lesione e dalla presenza di possibili lacerazioni della pelle e del tessuto muscolare cagionate dalla frattura.
Per valutare la presenza di frattura del femore è necessario approfondire le dinamiche che potrebbero averla causata, procedere ad esami fisici e test di imaging per l’individuazione di eventuali malformazioni, rotture, contusioni o presenza di frammenti ossei sporgenti. Per fare ciò si predilige il ricorso alla radiografia, metodo più utilizzato per diagnosticare una lesione. Essa fa emergere il punto di rottura del femore e la tipologia. I medici, al fine di avere a disposizione più informazioni possibili usano anche la TAC.
Le cause più ricorrenti sono gli incidenti stradali molto violenti. La rottura del femore, tuttavia, può essere anche dovuta a cadute da grandi altezze, investimenti, ferite da arma da fuoco, cadute banali nel caso di persone di età avanzata. Dopo una caduta, la persona non riesce a rialzarsi avvertendo un gran dolore nella zona inguinale, che interessa anche il ginocchio e la parte anteriore della coscia. Solitamente è possibile ipotizzare la presenza di frattura al femore anche guardando la posizione della gamba interessata: essa è girata verso l’esterno, col piede che tende a toccare terra con il suo margine esterno. La gamba che presenta la problematica, inoltre, sembra essere leggermente più corta dell’altra.
In caso di frattura si interviene di solito con intervento chirurgico, solitamente eseguito nell’arco di uno o due giorni dall’incidente che ha causato la problematica. Prima dell’operazione è usata una stecca per l’immobilizzazione della gamba, che deve essere stesa il più a lungo possibile per favorire l’allineamento delle ossa. I principali interventi chirurgici sono i seguenti:
• Fissazione esterna: sulla zona superiore e inferiore della rottura sono posizionati dei perni metallici, a loro volta attaccati ad un’asta che si trova esternamente alla pelle. L’asta e i perni tengono ferme le ossa durante il periodo di guarigione. È un trattamento temporaneo, da mantenere fino al momento in cui il paziente non è in grado di sottoporsi ad un nuova operazione chirurgica.
• Placche e viti: le ossa e i frammenti di ossi sono rimessi al loro posto e connessi attraverso particolari chiodi e placche che sono fissati sulla superficie esterna del femore.
• Inchiodamento endomidollare: si inserisce un chiodo metallico nel canale midollare del femore per stabilizzare e allineare i frammenti ossei. Il chiodo è posizionato nell’anca o nel ginocchio e fissato mediante delle viti alle estremità inferiore e superiore del femore.
C’è da dire che il trattamento chirurgico varia in base alla frattura. Negli anziani, ad esempio, si fa ricorso alla endoprotesi o una protesi totale d’anca con rimozione della testa del femore, mentre nelle persone più giovani è consigliabile conservare la testa e fissare la rottura attraverso osteosintesi.
In gran parte dei casi occorrono sino a sei mesi per la guarigione totale. I tempi, tuttavia, variano a seconda dell’età e della tipologia di frattura. Si può arrivare fino ad un anno per poter tornare alle attività che si svolgevano prima della frattura.
La fisioterapia è necessaria per il recupero della forza e della mobilità della gamba.
Gli interventi chirurgici dovranno essere seguiti da specifici lavori di riabilitazione. L’instabilità posturale, che si avverte dopo l’operazione, è corretta attraverso esercizi propriocettivi, di potenziamento dei muscoli, di mobilità delle articolazioni, di correzione dell’ipercifosi con potenziamento dei gruppi muscolari estensori del tronco, stretching della catena dei muscoli posteriori ed esercizi respiratori con educazione costale e diaframmatica. Negli anziani, gli esercizi devono essere calibrati in base all’età, alla struttura fisica e alle condizioni generali di salute, il livello di osteoporosi, lo stile di vita e le abitudini (attività fisiche svolte).