Articolo a cura del Dott. Lorenzo Fileri -Tecnico Radiologo
Sì, la risonanza magnetica utilizza radiazioni, ma è importante distinguere tra i diversi tipi di radiazioni all’interno dello spettro elettromagnetico. Questo spettro comprende radiazioni a bassa frequenza, come le onde radio, fino a radiazioni ad alta frequenza, come i raggi X e le radiazioni gamma.
La risonanza magnetica sfrutta radiazioni a bassa frequenza, nello specifico onde radio in combinazione con un potente campo magnetico. Queste onde, non essendo ionizzanti, non possiedono l’energia sufficiente per causare l’ionizzazione degli atomi o la rimozione degli elettroni dagli orbitali, processo che può alterare le molecole biologiche. Al contrario, le radiazioni ad alta frequenza, come i raggi X o le radiazioni gamma, hanno una maggiore energia e possono provocare fenomeni di ionizzazione che, a dosi elevate o in assenza di adeguate precauzioni, possono potenzialmente indurre modificazioni cellulari. Tuttavia, nell’ambito della diagnostica medica, l’impiego di radiazioni ionizzanti è sempre regolamentato e preceduto da un’attenta analisi del rapporto rischio-beneficio, per garantire la sicurezza del paziente.
La risonanza magnetica, non utilizzando radiazioni ionizzanti, rappresenta una metodica diagnostica sicura e priva di effetti collaterali legati alla ionizzazione, consentendo esami ripetuti e su pazienti consideranti più sensibili. Questo la rende uno strumento estremamente versatile, capace di offrire immagini diagnostiche ad alta risoluzione in un contesto di maggiore sicurezza per il paziente.
Il rumore caratteristico della risonanza magnetica è generato dal rapido movimento dei gradienti magnetici durante l’acquisizione delle immagini. Per comprendere meglio, è importante sapere che il sistema di risonanza magnetica utilizza un campo magnetico principale, molto potente e costante, combinato con campi magnetici più deboli, chiamati gradienti. Questi gradienti servono a localizzare con precisione i segnali provenienti dai diversi punti del corpo.
Durante l’esame, i gradienti magnetici vengono attivati e disattivati molto rapidamente mediante impulsi elettrici. Questo cambiamento repentino causa la vibrazione delle bobine di gradiente all’interno dello scanner, producendo il rumore ritmico e intenso che si percepisce. In pratica, si tratta di una conseguenza fisica del funzionamento delle bobine quando interagiscono con le forze elettromagnetiche generate nel sistema.
Il livello di rumore generato da uno scanner di risonanza magnetica può raggiungere i 110-120 decibel, a seconda del tipo di sequenza utilizzata. Per fare un paragone, questo livello di rumore è simile a quello percepito vicino a un treno in transito o al decollo di un aereo, ed è significativamente più alto rispetto al traffico cittadino (circa 80 decibel).
Per garantire il comfort e la sicurezza del paziente, vengono forniti tappi per le orecchie o cuffie insonorizzate, che riducono il livello di rumore percepito. Inoltre, molti scanner moderni sono progettati per essere meno rumorosi rispetto ai modelli precedenti.
Quindi, sebbene il rumore possa sembrare fastidioso, è semplicemente un effetto collaterale del sofisticato processo che consente di ottenere immagini così dettagliate e precise.
La risonanza magnetica ad “alto campo” si riferisce all’utilizzo di apparecchiature che operano con un campo magnetico di intensità elevata, misurato in Tesla (T). Questo campo è fondamentale per la qualità dell’immagine che lo scanner è in grado di produrre. Gli apparecchi da 1,5 Tesla e 3 Tesla sono i più comuni in ambito clinico, mentre tecnologie di ricerca avanzata utilizzano scanner che arrivano fino a 7 Tesla, offrendo livelli di dettaglio straordinari.
La maggiore intensità del campo magnetico consente di acquisire segnali più potenti dal corpo umano, il che si traduce in una risoluzione spaziale superiore: le immagini risultano più nitide, dettagliate e precise. Questo consente di osservare strutture anatomiche con maggiore chiarezza, un vantaggio cruciale per diagnosi complesse in neurologia, ortopedia e cardiologia. Inoltre, gli scanner ad alto campo offrono spesso una risoluzione temporale più elevata, che permette di acquisire immagini di qualità superiore in tempi più rapidi, migliorando l’efficacia dell’esame.
Nonostante i vantaggi evidenti in termini di qualità diagnostica, gli scanner ad alto campo presentano alcuni svantaggi: il costo più elevato dell’apparecchiatura e un design più massiccio, che può risultare, per alcuni pazienti, meno confortevole. La struttura più chiusa può creare sensazioni di claustrofobia, sebbene le moderne tecnologie abbiano ridotto significativamente questi disagi, con soluzioni progettuali che offrono maggiore spazio e comfort. In ogni caso, il miglioramento della qualità delle immagini giustifica pienamente l’investimento, rendendo gli scanner ad alto campo uno strumento indispensabile per la diagnostica avanzata.
Molte persone provano ansia all’idea di sottoporsi a un esame come la risonanza magnetica, e questo è del tutto normale.
Voglio rassicurarvi: siamo abituati a gestire queste situazioni e abbiamo diversi accorgimenti per aiutarvi a vivere l’esperienza con serenità.
La risonanza magnetica ad alto campo ci permette di ottenere immagini di alta qualità, fondamentali per una diagnosi precisa. Questi macchinari hanno un design a tunnel aperto da entrambi i lati, con un diametro di 70 cm e una profondità di circa 2 metri. È importante sapere che la zona del corpo da esaminare deve essere posizionata al centro del tunnel, ma questo varia in base all’area da analizzare: ad esempio, per un esame al piede, gran parte del corpo rimane fuori dal tunnel, mentre per il collo, la cervicale o l’encefalo, la testa è posizionata al centro del macchinario, pur rimanendo a una distanza confortevole dal naso grazie al diametro ampio.
In alcuni casi, quando l’ansia è più intensa, si può ricorrere alla sedazione leggera, una soluzione che può essere valutata insieme al medico anestesista. Si tratta di farmaci ansiolitici o leggeri sedativi, che riducono in modo molto efficace lo stato di ansia e paura, permettendo anche ai pazienti claustrofobici di affrontare esami lunghi senza difficoltà. Questa opzione è sempre preceduta da un’attenta anamnesi per escludere controindicazioni, ed è dimostrato che rappresenta un aiuto prezioso per tanti pazienti.
Durante l’esame si è in comunicazione continua con il tecnico radiologo: si può parlare grazie a un microfono e, se necessario, si può interrompere l’esame in qualsiasi momento premendo un campanello d’allarme.
Inoltre, il tunnel è luminoso e ventilato, per offrire il massimo comfort.
Si ha anche la possibilità, nei limiti tecnici, di adattare il posizionamento del paziente per rendere l’esperienza il più serena possibile.
La cosa più importante è sapere che non si è soli: l’equipe di medici e tecnici radiologi è sempre pronta a supportare la persona e rendere l’esame un momento privo di stress.
Articolo a cura del Dott. Lorenzo Fileri -Tecnico Radiologo