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Come intervenire in casi di lesione o rottura del Tendine d’Achille

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Come intervenire in casi di lesione o rottura del Tendine d’Achille

Il tendine d’Achille, chiamato anche tendine calcaneare, ha origine dalla fusione dell’aponeurosi dei muscoli gastrocnemio e soleo. Si tratta di una struttura anatomica nastriforme, composta da fibrille di collagene, interposta fra il tricipite surale ed il calcagno, ed ha la funzione di trasmettere gli impulsi meccanici derivanti dalla contrazione dei muscoli del polpaccio al segmento scheletrico, facendo un movimento articolare di fondamentale importanza: la spinta del piede. Oltre a questa funzione, il tendine d’Achille fa da tampone nei confronti della contrazione muscolare volontaria e/o involontaria massimale.

La lesione

Le lesioni dei tendini possono essere suddivise, in base alla loro eziologia, in traumatiche, microtraumatiche e su base dismetabolica e/o infiammatoria.
Le tendinopatie micro-traumatiche del tendine d’Achille sono anche chiamate lesioni da sovraccarico funzionale e sono in grado di determinare la patologia con un meccanismo diretto ed indiretto. Questa tipologia di lesioni può provocare la rottura del tendine d’Achille, che rappresenta in ogni caso l’episodio acuto conseguente ad un processo degenerativo, il quale talvolta del tutto senza sintomi o preceduto da episodi infiammatori nella guaina, e interessando in maniera più o meno estesa la compagine tendinea, ne determina una diminuzione della resistenza meccanica, che può essere superata da un’improvvisa sollecitazione anche eccessiva.
I fattori in grado di cagionare patologie da sovraccarico nei tendini, del collo del piede e del piede si possono genericamente suddividere in intrinseci ed estrinseci ed agiscono in percentuale variabile da persona a persona.
Per quanto ciò che concerne i fattori intrinseci, questi sono sostanzialmente rappresentanti da: la variabilità anatomica, con annessa alterazione più o meno netta della normale biomeccanica del cammino o del gesto atletico, che sottopone il collo del piede e piede ad un affaticamento anormale; le malattie dismetaboliche, che possono favorire reazioni flogistiche locali, nonché provocare il cambiamento della composizione del normale tessuto tendineo fino a comportare un più rapido invecchiamento; l’età della persona e gli anni di attività agonistica. L’invecchiamento del tessuto dei tendini causa un rallentamento metabolico del collagene tissutale, con una diminuzione graduale del rapporto cellule-matrice a favore di quest’ultima, una diminuzione del contenuto idrico delle fibre elastiche, dei proteoglicani e glicoproteine. Scompare, altresì, la linea blu presente a livello giunzionale osteo-tendinea, che svolge un’importante azione modulatrice ed ammortizzante nei confronti delle sollecitazioni meccaniche.
Per quanto attiene all’alterazione della biomeccanica, una delle problematiche più importanti è l’iperpronazione del collo piede e del piede quando si corre, che ha un’azione di frustata come la corda di un arco sul tendine d’Achille con conseguente elevata frequenza di tendiniti.

La rottura

La rottura del tendine d’Achille si verifica di solito fra sportivi e non, che nel corso del tempo hanno avuto diversi episodi di tendinopatia per ipersollecitazione funzionale. Nello sportivo si presenta a fine carriera, per varie cause: aumento del peso, scarsa idratazione, calzature inadeguate, squilibrio del carico podalico, intensificazione degli allenamenti dopo un periodo di riposo forzato, irrigidimento del tendine dopo trattamento infiltrativo cortisonico.
La rottura del tendine d’Achille è la più frequente fra tutte le rotture tendinee sottocutanee. Negli ultimi decenni questa lesione è divenuta sempre più ricorrente, soprattutto fra chi fa sport.
La rottura di questo tendine, tuttavia, non riguarda esclusivamente l’ambito sportivo ma si manifesta anche in persone anziane, che non praticano sport, ma che presentano alterazioni dismetaboliche ed infiammatorie in questo distretto.

Trattamento e riabilitazione

Il trattamento, in caso di rottura del tendine d’Achille, varia in base alla gravità della lesione, dall’età della persona e dal grado di attività fisica svolta nella quotidianità. Generalmente, nel caso di rottura totale, le persone più giovani e attive sovente scelgono l’intervento chirurgico mediante il quale il tendine lacerato viene ricucito. Nel caso, invece, di rottura parziale, si può optare per un gesso o tutore comprensivo di sostegni per mantenere il tallone sollevato per favorire la rimarginazione del tendine lacerato.
Dopo qualsiasi trattamento è necessario sottoporsi ad un ciclo di fisioterapia e riabilitazione per recuperare la mobilità, l’elasticità e rafforzare i muscoli delle gambe e il tendine d’Achille stesso.
Il ritorno alla normale attività quotidiana e sportiva generalmente avviene dopo quattro – sei mesi.
Il processo riparativo di una rottura del tendine d’Achille impiega più di qualche settimana e, soprattutto nella fase iniziale, il tendine viene protetto con un gesso o con un ortesi rigida. Questo lungo periodo di immobilizzazione comporta atrofia muscolare e rigidità articolare.
Il fisioterapista per procedere dovrà confrontarsi con il chirurgo ortopedico che ha fatto l’intervento. L’ortopedico può dare informazioni utili sull’estensione della lesione, sulla qualità dei monconi del tendine, sulla tipologia di sutura e quindi sulla tenuta della riparazione.
I fini della terapia nella fase iniziale della riabilitazione sono il controllo dell’infiammazione e dell’edema, la prevenzione delle aderenze, la prevenzione dell’atrofia dei muscoli e il recupero dell’escursione articolare.
Al paziente, solitamente, vengono segnati esercizi da poter svolgere a casa come lo stretching in dorsiflessione ed esercizi di contrazione muscolare.
L’idrokinestierapia viene svolta nel momento in cui la ferita lo consenta. La possibilità di lavorare in acqua è uno degli strumenti più efficaci nel contrastare il dolore e nelle ripresa funzionale completa.
Gli obiettivi nella fase di maturazione e rimodellamento sono il recupero totale dell’articolarità e della forza muscolare, il recupero dell’elasticità tissutale, l’ottimizzazione del recupero tendineo.
A partire dal secondo – terzo mese si possono inserire esercizi con sollevamento sulla punta dei piedi e si prosegue poi il potenziamento dei muscoli attraverso esercizi di rinforzo che interessano l’intero arto inferiore.

La riabilitazione propriocettiva

La riabilitazione propriocettiva è una fase fondamentale per il ritorno alla normale attività del piede. I recettori propriocettivi sono recettori nervosi molto specializzati e sono presenti in un numero molto elevato nelle strutture articolari, in particolare su legamenti e tendini. Il loro compito è quello di inviare continuamente informazioni sullo stato di stiramento di questi tessuti per consentire al sistema nervoso di reagire in maniera adeguata ed estremamente veloce con contrazione della muscolatura, idonee a stabilizzare l’articolazione e quindi conservare i rapporti articolari stessi, anche in situazioni dinamiche particolarmente stressanti per la caviglia. Questi recettori forniscono anche informazioni necessarie per il mantenimento dell’equilibrio nello spazio.
In seguito ad un evento traumatico, la lesione di alcune fibre articolari e tendinee, l’insorgenza di edema delle strutture e gli stimoli dolorosi modificano il sistema interattivo costituito da «stimolo propriocettivo – risposta neuromuscolare», incrementando la possibilità di recidive a carico dell’articolazione interessata.
È molto importante per il terapista recuperare velocemente le capacità propriocettive e stimolarle per ridare all’articolazione, oggetto di trauma, la completa efficienza e funzionalità.
La rieducazione neuromuscolare della caviglia e del piede solitamente passa attraverso fasi differenti, nelle quali gli stimoli preposti al paziente subiranno un incremento per quantità e qualità; sarà altresì importante cambiare il più possibile gli stimoli stessi variando i parametri del movimento.
La rieducazione propriocettiva usa generalmente piani instabili, come tavolette bobath o dischi gonfiabili instabili. Quando si è arrivati ad un recupero completo propriocettivo, del tono muscolare e ad una buona elasticità si procedere per il ritorno alla attività sportiva.

Dr. Maurizio Radi
FisioterapistaOsteopata

Andrea Valentini
Fisioterapista