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Il dolore cervicale. In diretta con il dottor Ignazio Borghesi

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Il dolore cervicale. In diretta con il dottor Ignazio Borghesi

Articolo estratto dalla diretta Facebook di martedì 6 aprile 2021
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Maurizio Radi ha intervistato il dottor Ignazio Borghesi, medico chirurgo specializzato in neurochirurgia.

Oltre ad essere consulente di Fisioradi Center di Pesaro, è attualmente responsabile dell’Unità Operativa di Neurochirurgia del Maria Cecilia Hospital di Cotignola (Emilia Romagna), ospedale convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale.

Il dottor Ignazio Borghesi si occupa di neurochirurgia vertebrale e cranica. La sua passione per la neurochirurgia è nata a 19 anni, studiando il rapporto fra «mente e cervello» fatto dal professor Arnaldo Benigni. Dopo il termine degli studi accademici in medicina, Borghesi ha iniziato a frequentare il reparto di San Gallo (Svizzera), dove lavorava il professor Benigni.

Il dolore cervicale è una delle patologie più frequenti nel mondo occidentale, molto legato alla sedentarietà dovuta all’utilizzo del computer, agli stress socioeconomici e alle malattie reumatiche. Il dolore è solitamente localizzato alla base della nuca e si irradia verso le spalle arrivando talvolta sino alla parte orbitaria.

Può essere accompagnato da disturbi neurovegetativi come nausea, senso di ottundimento della testa e acufeni. In funzione di questi sintomi, si cerca di capire quale può essere l’indagine strumentale più appropriata.

Se un paziente avverte un acufene, è sempre consigliabile innanzitutto una visita dall’otorinolaringoiatra che escluda problemi all’orecchio; se c’è emicrania occorre comprendere di che tipo di mal di testa si tratta con valutazione neurologica; in presenza di formicolio, che dalle braccia arriva sino alle mani, è importante una visita neurologica molto attenta in quanto può essere sintomo di numerose problematiche.

Indagare adeguatamente per ricondurre la sintomatologia ad una problematica cervicale, è il primo step per indirizzare il paziente a fare una risonanza magnetica (utile per vedere i tessuti molli) e radiografia (per osservare al meglio la conformazione del rachide cervicale).

Un esame non esclude l’altro, in quanto sono fondamentali per partire con una diagnosi che dia il là ad una terapia conservativa (agopuntura, mesoterapia, manipolazioni del rachide cervicale con massaggio decontratturante della muscolatura del collo).

L’operazione chirurgica è l’extrema ratio: raramente si fa una chirurgia del rachide cervicale se non vi è una reale necessità, come nel caso di una compressione di un nervo che comporti paralisi di alcuni muscoli della mano piuttosto che del braccio o un dolore invalidante che perdura da oltre tre mesi.

I pazienti indirizzati alla chirurgia solitamente hanno una compressione del midollo. Quest’ultimo va liberato, in quanto il danno su di esso non è più recuperabile.

In presenza di ernia discale si procede con intervento chirurgico, se c’è compressione sul midollo; se invece c’è compressione del nervo, si possono fare tentativi conservativi.

Gli interventi chirurgici cervicali rappresentano una tecnica molto sviluppata con possibilità di successo sul 98 percento dei casi. Il restante 2 percento va comunque analizzato. Il paziente che viene sottoposto ad operazione chirurgica, ha esaurito tutte le alternative conservative e non chirurgiche (agopuntura, massoterapia, tecarterapia, elettrostimolazione, terapia farmacologica).

I ragazzi sono spesso oggetto di problematiche al rachide cervicale, dovute a pratica sportiva con una scarsa preparazione atletica, uso smodato del cellulare con il capo costantemente chinato. Quest’ultima postura sviluppa calcificazioni dei muscoli nucali del collo.

Non possono essere sottovalutate situazioni di stress emotivo che interessano le nuove generazioni, che spesso generano tensioni che ricadono sulla muscolatura cervicale.

In caso di colpo di frusta è consigliato l’utilizzo di un collare per almeno due settimane, una radiografia ad un mese (in caso di trauma importante). In fase acuta è importante l’utilizzo del collare, per evitare un sovraccarico del peso del collo sul rachide cervicale, associato ad una terapia farmacologica.

Dopo una decina di giorni, si può procedere con un cortisonico. Ci sono poi dolori che riverberano nel tempo, che è possibile riscontrare anche dopo sei mesi dal trauma. Si tratta di sindromi miofasciali, legate a stress post traumatico. In questi casi si può optare per massoterapia, agopuntura, ozonoterapia, trazioni manuali molto blande fatte da mani esperte, tecarterapia e sostegno psicologico.

In caso di intervento chirurgico, nella fase successiva all’operazione bisogna aspettare la ripresa biologica che è sempre di un mese. Trascorso il mese, il paziente va svezzato dal collare. La ripartenza lavorativa potrà avvenire dopo circa sessanta giorni dall’intervento. In caso di attività sportiva, va valutata la muscolatura del collo e dell’asse cervico-lombare.

I dolori trigeminali determinati dal rachide cervicale sono rarissimi. Si verificano nel caso in cui il rachide cervicale per un fattore tumorale o artrosico determina una compressione del midollo dove partono i nuclei del trigemino. In caso di dolore trigeminale, è consigliabile procedere con una risonanza magnetica ad alto campo.

Lo spasmo facciale, invece, non è legato al rachide cervicale.
I pazienti con problematiche cervicali operati sono circa l’8 – 10 percento. Il 90 percento è seguito con terapia fisioterapica, terapia del dolore, terapia farmacologica e supporto psicologico. Quest’ultimo non va sottovalutato. La pandemia e il conseguente allontanamento sociale hanno creato stress emotivo sfociato spesso in contratture a livello cervicale.

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