Oggi preferiamo parlare di “tendinopatia”, che significa sofferenza, malattia del tendine e non usare il termine “tendinite” termine quasi abbandonato in quanto ha un significato che indica strettamente uno stato infiammatorio.
Nel ciclista, come in tutti gli sportivi dobbiamo tenere in considerazione che queste patologie sono provocate da microtraumatismi ciclicamente ripetuti per tempi prolungati o con intensità elevata.
Un altro termine utilizzato per definire la causa malattia è “stress” o “sovraccarico”, termine che forse esprime più chiaramente il concetto ed è di immediata comprensione.
I tendini sono delle strutture anatomiche formati da tre zone differenti da prendere in considerazione: la zona dove il muscolo diventa tendine (giunzione muscolo-tendinea), il tendine vero e proprio e la zona dove il tendine si inserisce all’osso (giunzione osteo-tendinea). Il tendine è formato da cellule e da tessuto composto da fibre resistenti frammiste a una piccola parte di fibre elastiche, che hanno il compito di addolcire le trazioni. Il tendine è avvolto da una membrana, chiamata peritenomio, ricca di terminazioni nervose, e a volte scorre all’interno di una guaina che lo protegge durante i suoi movimenti, evitando sfregamenti diretti.
La funzione di un tendine è quella di collegare il muscolo all’osso e di trasmettere allo scheletro le forze prodotte dalle contrazioni muscolari ammortizzandone gli effetti. Si ha quindi una deformazione di tipo elastico del tendine in seguito ad una sollecitazione tensoria del muscolo.
Possiamo distinguere due fattori:
Nel ciclismo prevalgono sicuramente a livello degli arti inferiori, le sedi più interessate sono a carico dell’apparato estensore del ginocchio e delle formazioni tendinee circostanti quali la bandeletta ileo-tibiale, il tendine rotuleo e il tendine d’achille. Le tendiniti posteriori del ginocchio, possono essere causate da una sella troppo alta che comporta una ipertensione della gamba. La tendinopatia achillea può essere legata ad una posizione troppo alto o bassa del sellino, ad uso sconsiderato uso di rapporti ad elevato sviluppo metrico.
La risposta iniziale è sicuramente il dolore ,inizialmente solo sotto sforzo, in seguito anche durante le comuni attività giornaliere che richiedono il suo impegno. Il dolore ha un aspetto caratteristico: è presente a freddo, quando si inizia a usare il tendine malato, si riduce man mano che si usa, che si scalda e ricompare con la stanchezza o l’eccessivo sovraccarico.il tendine, alla palpazione,oltre ad essere dolente, appare più grande del normale. Può apparire anche un processo infiammatorio con edema (gonfiore) locale. Con il perdurare della causa si va incontro ad infiammazione cronica e degenerazione dei tessuti.
Deve essere fatta da un medico con una accurata analisi clinica e generalmente supportata dall’ausilio di esami strumentali quali ecografia e risonanza magnetica. Attualmente l’ecografia muscolo-tendinea è lo strumento più idoneo per la valutazione della condizione dei tendini.
La diagnosi è di prerogativa medica come il programma riabilitativo spetta al fisioterapista.
Gli obiettivi terapeutici e le modalità di trattamento dipendono dallo stadio evolutivo della patologia. Possiamo distinguere 3 fasi in funzione dei tempi biologici:
Nella prima fase abbiamo l’obiettivo di riduzione del dolore e dell’edema, associati alla correzione delle anomalie biomeccaniche che sovraccaricano il tendine. Il medico in questa fase prescrive antiinfiammatori, esegue sedute di mesoterapia locale e può nelle situazioni più gravi eseguire infiltrazioni con acido ialuronico o gel piastrinico.
Si associano sedute di fisioterapia con:
trattamenti di terapia manuale di decontrazione muscolare e di drenaggio
terapia fisica (laser ad alta potenza, US, tecarterapia, ipertermia, regenoterapia)
kinesiotaping
Nella seconda fase, gli obiettivi sono la prevenzione di aderenze, di atrofia muscolare e di rigidità articolare e la risoluzione definitiva del processo infiammatorio. Il programma riabilitativo di graduali sollecitazioni a carico del tendine sempre supportato con mobilizzazione passiva, stretching, massaggi sempre supportato con un kinesiotaping con funzione di supporto tendineo e muscolare.
Nella terza fase, gli obiettivi terapeutici sono l’ottimizzazione della guarigione, in termine di recupero della elasticità e della forza. Lo scopo viene raggiunto attraverso l’incremento graduale dei carichi meccanici sul tendine, con stretching, lavoro muscolare isometrico, concentrico ed eccentrico. Ultimo obiettivo di questa fase risulta l’educazione del paziente ad evitare sovraccarichi, in tempi di durata, frequenza intensità di allenamento.