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Le fratture del gomito

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Le fratture del gomito

Esistono diverse tipologie di fratture del gomito. Di seguito le strutture principalmente interessate.
Fratture del capitello radiale: riguardano il capitello e/o il collo del radio e si verificano di solito a seguito di cadute sul palmo della mano col gomito leggermente piegato. La frattura può essere composta, scomposta, pluriframmentaria e con possibile lussazione.
Fratture dell’olecrano: riguardano l’estremità superiore dell’ulna. Può essere causata da una caduta sul palmo della mano col gomito in iperestensione, oppure trauma diretto sulla zona posteriore del gomito. La lesione può essere composta col frammento osseo fermo nella sua posizione normale; composta e stabile col frammento osseo che si muove rispetto al resto dell’olecrano. In questo caso i legamenti rimangono integri o con lesioni parziali. Per questa ragione, il gomito resta stabile, senza rischio di lussazione. La frattura può essere anche scomposta e instabile, con tendenza del gomito a lussarsi. Ulteriori complicazioni possono essere legate in caso di lesione pluriframmentaria.
In caso di caduta violenta, alla base del trauma, può verificarsi anche una lussazione e/o frattura del radio (frattura – lussazione di Monteggia oppure frattura trans-olecranica).
Nelle fratture composte, il trattamento consiste in una rapida immobilizzazione con immediata riabilitazione. Negli altri casi si ricorre all’operazione chirurgica.
Fratture dell’estremità dell’omero: alla base può esserci una caduta sul palmo della mano atteggiata a difesa. La lesione può essere: extra capsulare ed extra articolare (frattura dell’epicondilo, dell’epitroclea); intra capsulari ed extra articolari; intra capsulari ed intra articolari.
In caso di fratture composte capsulari ed extra articolari, è indicato il trattamento conservativo con gesso da tenere non più di due o tre settimane. Dopodiché deve essere attivato un percorso di riabilitazione. Negli altri casi è necessario il ricorso all’operazione chirurgica con immediata riabilitazione.
Fratture della coronoide: la coronoide è una sporgenza dell’osso posizionata nell’estremità superiore dell’ulna ed è il prolungamento anteriore dell’olecrano. Si tratta di uno degli elementi più importanti per la stabilità del gomito, facendo resistenza allo spostamento posteriore dell’ulna rispetto all’omero. Inoltre su questo processo si inserisce il legamento collaterale mediale che ha origine dalla zona internale della paletta omerale e che è un altro elemento principale di stabilità del gomito. Raramente la frattura della coronoide si presenta isolata. È più facile che si verifichi accompagnata con altre lesioni del gomito. Come nel caso della frattura dell’estremità dell’omero, anche questa fattispecie è spesso legata ad una caduta sul palmo della mano atteggiata a difesa. Può verificarsi la semplice lesione dell’apice della coronoide, sino ad arrivare alle fratture complesse connesse tuttavia ad altri elementi ossei con eventuale lesione del legamento collaterale mediale.
Fra le complicazioni c’è l’ipotesi di dolore acuto ai massimi gradi di flessione del gomito causato dall’urto della coronoide contro l’omero e legato ad una non ideale posizione dei frammenti consolidati.

Complicazioni
In caso di fratture al gomito possono verificarsi complicazioni come la rigidità con limitazioni dei movimenti del gomito, in particolare quelli di prono-supinazione, connesse ad un possibile spostamento dei frammenti o alla formazione di tessuto osseo eccessivo, oppure a retrazione delle strutture capsulo-legamentose, oppure ancora ad una immobilizzazione protratta con riabilitazione non idonea.
Esiste anche la possibilità di ossificazioni eteropiche, ovvero la formazione di osso in punti dove solitamente non è presente (muscolatura, capsula e legamenti vicini al gomito). Le ossificazioni possono cagionare una riduzione del movimento del gomito.
A seguito di frattura, c’è anche il rischio di artrosi post-traumatica, ovvero un’usura precoce delle superfici delle articolazioni legata al trauma. Non si esclude nemmeno la possibilità di pseudoartrosi, cioè la mancata guarigione della frattura.
Possono verificarsi infezioni dei mezzi di sintesi e di irritazione del nervo ulnare. In quest’ultimo caso possono essere avvertiti formicolii del mignolo e dell’anulare.

La riabilitazione
Il gomito è una delle strutture osteoarticolari più complesse da trattare. Il percorso riabilitativo deve essere immediato dopo la rimozione del gesso o dall’eventuale operazione chirurgica. La complessità sta nella difficoltà di calibrare la giusta intensità della riabilitazione. Un approccio moderato può rallentare i tempi di recupero facilitando situazioni di rigidità, un iter più deciso può allo stesso tempo agevolare la formazione di calcificazioni anomale con dolore.
I movimenti su cui concentrarsi sono chiaramente la flesso-estensione, fondamentale per i gesti della vita di tutti i giorni come mangiare, lavarsi le mani o pettinarsi, e la prono-supinazione importante per far sì che questi gesti siano armonici.
Nei casi in cui sia stato eseguito un complesso intervento chirurgico, il fisioterapista presta attenzione ai processi da accelerare piuttosto che frenare ed in base alle esigenze può prescrivere il ricorso ad un tutore articolato con cui facilitare le attività o limitarle per scongiurare ricadute dopo l’operazione chirurgica.
In sede di riabilitazione si fa spesso ricorso all’idroKinesiterapia in particolare nella fase iniziale. L’alta temperatura dell’acqua, miorilassante, agevola i movimenti, mentre la naturale densità dell’elemento fa da ammortizzatore e la spinta di galleggiamento, possibilmente facilitata da manubri, consente un recupero molto veloce.
È consigliato in alcuni casi un supporto di fisioterapia strumentale (tecar, Laser), in uno step riabilitativo successivo alle prime fasi.
In sede di riabilitazione sono indicate, se occorrono, le Onde d’Urto focalizzate nei casi di pseudoartrosi.

Dr. Maurizio Radi
Fisioterapista – Osteopata